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ETICHETTA

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  Etichetta Un’etichetta raccoglie dati minuti. Un’etichetta disegna per semplificare. Un’etichetta è il verbo essere. Usare un’etichetta ti permette di identificare velocemente, anche troppo, persone e cose. Ti permette di inquadrarle facilmente. Raccontando, con una manciata di aggettivi, chi o casa si nasconda dietro. Quando apponi un’etichetta, stai guardando da una sola prospettiva. Ti limiti. Come quando ti descrivi dicendo: io sono… Il verbo esser ti incolla un’etichetta, attribuendoti un’identità. Usare il verbo essere significa definire la realtà in modo assoluto. Limitante. Per questa ragione è bene usare parole diverse. Togliere il verbo essere dalle frasi stimola il cervello ad organizzare le informazioni diversamente. Agevola la conversazione assertiva. Riduce i conflitti tra opinioni differenti e genera una comunicazione più fluida. Infondo gli assoluti sono frutti del processo che li ha generati. Facciamo u piccolo esercizio. Pronuncia un’

EMOZIONI

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  EMOZIONI Le emozioni sono il frutto di quanto rielabora la tua mente. Questo processo avviene tramite: suoni, percezioni, odori, gesti, immagini. Il linguaggio diventa uno strumento per etichettare internamente, quanto avviene all’esterno. Le parole che usi, sono un filtro che racconta la tua esperienza interiore. I 5 sensi sono il mezzo per accedere o per elaborare l’esperienza.   Puoi avere, dunque una maggior inclinazione per la vista.   Ragion per cui racconti la tua realtà attraverso verbi come: immaginare, guardare osservare. Sei visivo.   Invece, se propendi per l’udito ti descrivi attraverso verbi come: parlare, sussurrare, ascoltare. Sei auditivo.   In fine, se ti racconti attraverso verbi come: tastare, modellare, fare. Sei un cinestesico. Nella categoria dei cinestesici rientrano anche coloro che parlano in termini di emozioni, sensazioni, tatto, gusto e olfatto.   Ora scegli un’immagine e descrivila. Poni attenzione ai verbi, agli avverbi e

IL VIAGGIO MENTALE (PARTE 2)

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  “E se chiudessi l’azienda?” Ti chiedi “Se cambiassi settore?” Ti chiedi “Se ampliassi il mio business?” Sono domande che ti poni perché hai voglia di cambiare. La paura di perdere lo status quo ti dice che ciò che hai non ti basta più. Ma ti manca la tranquillità legata al sapere che andrà bene.   La paura di perdere la sicurezza della ritualità, le persone che ti hanno accompagnato fino a qui, l’idea di te. La paura cresce col crescere del tuo interesse. Queste paure raccontano ciò che eri, e tu da questo punto stai per fare un salto di consapevolezza, di crescita, di amore per quella parte di te che la paura vuole proteggere.   Kierkegaard diceva: “osare è perdere momentaneamente l’equilibrio. Non osare è perdere sé stessi.” Sei disposto a perderti? E’ in questi momenti in cui è più difficile decidere da soli, che senti il bisogno di chiedere aiuto a qualcuno, una partner affidabile. Hai bisogno di me.  

Il viaggio mentale ( parte 1)

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  “Chissà cosa penseranno?” Ti chiedi. “Penseranno che sono una sciocca?” Ti chiedi. “Fregatene!” ti dici. La paura ti appartiene. Sei nata con questo strumento di difesa. E, di certo ignorarla è controproducente. Il compito della paura è quello di proteggerti. La paura del giudizio altrui, ti fa dice che temi coloro che hanno il tuo stesso metro di giudizio. Allora perché non essere più gentile, più tollerante e comprensiva con te stessa. La paura è una contorta forma d’amore. Come tutte le emozioni, va ascoltata per accogliere il suo messaggio e capire quale parte di te sta proteggendo.   In questi momenti, può essere complicato fare chiarezza. Senti il bisogno di una partner affidabile per tornare a brillare. Hai bisogno di me. #coaching, #leadership, #brillare #business

PERFETTAMENTE imperfetto

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  Perfetto è una parola composta da: Per e Fac ĕ re. Perfetto, per i latini, è un tempo verbale. Perfetto è un aggettivo. Dunque la parola perfetto ha molte potenzialità. Come parola composta da: “fatto e per” sembra, quasi indicare un fine specifico. È conclusa. Come tempo verbale, ti parla di un’azione compiuta nel passato che perdura nel presente. Ed in fine come aggettivo, racconta di qualità di altissimo livello che s’incastrano perfettamente, senza forzature, in un certo contesto. Come un puzzel. Quante volte hai fatto coincidere i pezzi, forzando la mano? Il risultato ottenuto ti lasciava insoddisfatta, tanto da buttare tutto per aria. La composizione del puzzel come degli obiettivi, necessità di pazienza, perseveranza e parsimonia possibilmente. I pezzi del puzzel sono tanto unici quanto imperfetti, ma posti nel posto giusto, mostrano il loro valore, perché parte essenziale di un disegno più grande. Guardando il tuo puzzel, di cosa hai bisogno?

REPETITA IUVAT. O FORSE NO

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    Fare va bene. Fare ancora una volta. Ok! Ri-fare. No. Quando ti Ri-proponi di raggiungere un certo obiettivo, nonostante la pazienza, la perseveranza, l’impegno; in realtà stai Ri-percorrendo vecchi percorsi che hanno trovato una meta infelice. Sei solo caparbia. Usare il prefisso RI, proietta il tuo pensiero indietro anziché avanti. E' questione di focus. Ogni volta che utilizzi il prefisso Ri, dici al tuo cervello di applicare lo stesso schema fallace. La debucle è alle porte. Ma se “cominci”, aggiungerai un nuovo piccolo tassello. Sicuramente otterrai qualcosa di diverso. E non starai lì a Ri- petere: “sempre a me”. A quale progetto dai   vita oggi?  

SII LA TUA PUSHER DI ORMONI BUONI

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  Senti dire: “andrà tutto bene.”   Oppure, ti ripeti: “pensa positivo”.  Quando il tuo corpo ed i tuoi pensieri viaggiano nella direzione inversa. Fa bene pensare positivo. Ogni tanto. Un pizzico di ottimismo ci vuole. Quando ti ripeti: “pensa positivo” ti prefiggi un’impresa frustrante con scarsissime possibilità di successo. E’ bene sapere che siamo predisposti a pensare negativo, strutturalmente. Ma questo te l’ho raccontato in un altro post intitolato: Volere non è sempre potere. Lo trovi nel primo commento. L’approccio iper positivo apre la strada a pericoli cognitivi; come: sottovalutare il tuo apporto in termini d’impegno, sottovalutare possibili ostacoli, sottovalutare le situazioni. Per poi prendere dolorose cantonate. Inoltre, credendo di attirare ciò che ti capita; cosa dovrebbe pensare chi sta vivendo una situazione drammatica? Il danno oltre la beffa. Fa male leggerlo ed ancora di più sentirlo. Quindi quando punti il dito indicando la sfiga, os